Meritocrazia

Treno. Sempre la stessa famiglia – sì, quella lì, quella di Povia. Dal lato opposto, una ragazza che ha appena partecipato a un concorso pubblico e che ne mette in dubbio la trasparenza. Questione sensibile, ma il padre di famiglia ha le idee chiare: se avesse davanti un perfetto sconosciuto e un amico, farebbe vincere l’amico. Non ci sarebbe mica nulla di male. Certo, il raccomandato dovrebbe poi essere consapevole del privilegio e comportarsi di conseguenza. Ma a parte questo, nessun problema.

Senza titolo

Treno. Una famiglia ha già affrontato varie ore di viaggio, e si appresta ad affrontarne almeno altre tre. Il bambino di tre anni, Luca, è comprensibilmente irrequieto: fa confusione, non riesce a star fermo, disturba gli altri viaggiatori. Per calmarlo, i genitori decidono di mettergli la “sua” canzone. Gliela metteranno più volte durante il viaggio: del resto gli piace tantissimo, sa il testo a memoria e porta anche il suo nome. “Luca era gay” di Povia.

Il governo tecnico, spiegato da un esperto

Treno. Un uomo dietro di me parla al cellulare. Dalla conversazione si deduce che è un professore universitario, o comunque una persona inserita in quell’ambiente: snocciola nomi di professori candidati ai ministeri e li commenta con apparente cognizione di causa. A un certo punto valuta i candidati a Ministro dell’Istruzione e dice: “Speriamo proprio che non sia X: è uno a cui non importa niente della ricerca, l’unica cosa che vuole è che non si faccia sugli embrioni”. E aggiunge: “Il suo vice, invece…lui è uno a cui piace il bunga bunga! Io lo conosco, è un vero puttaniere…sarebbe un segnale di continuità!”

La samaritana in errore

Sale un ragazzo di colore, sotto i 30 anni. Parla poco o niente la nostra lingua. Chiede qualche indicazione e la signora vicino a lui, sulla settantina, lo informa del fatto che deve scendere davanti a una chiesa. Con le migliori intenzioni, aggiunge: “Sai, se scendi alla chiesa ti danno loro da mangiare. E anche un posto dove dormire”. Il ragazzo tenta, in un ibrido di francese e italiano, di spiegare che lui una casa ce l’ha, e che non ha bisogno che nessuno gli dia da mangiare. La signora, sempre con le migliori intenzioni, passa ai gesti. Man-gia-re. Dor-mi-re. Io voglio sprofondare.

Il feticista

Mattina, ore 7 circa. L’autobus tarda ad arrivare. Si avvicina un uomo sui 35:

-Freddo, eh?

-Un po’

-Meno male che ho le calze da donna.

-….

-Sai, le porto sempre. Le ho di tutti i tipi: di cotone, di lana, di nylon, di lycra.

-L’autobus è un po’ in ritardo. Speriamo che arrivi presto.

-Quando sono in casa porto solo quelle. Se anche suona la postina, vado ad aprire solo con le calze. Sono così comode.

-Certo che dei mezzi pubblici non ci si può fida—

—-Anche quando vado a correre, le porto sempre! pantaloncini, e sotto calze da donna!

-Ehm, sì, dicevo, l’autobus…

-Mi piacciono anche le pubblicità delle calze. Le registro tutte. Quella delle Golden Lady poi…

-….

-Golden Lady, badabàbidaudiuuuu (*”I am lost without you”, ndr)

Arriva l’autobus. Mi metto in fondo. Non guarderò mai più le calze allo stesso modo.

Più realista del re

Mattina, ore 8 circa. Un uomo, in piedi, occupa il sedile riservato agli invalidi con la sua borsa.

Altra passeggera: “Mi scusi, questo posto è libero?”

Uomo pedante: “Non vede? E’ un posto riservato agli invalidi”

Passeggera: “Sì, ma non ci sono invalidi adesso. L’obbligo è quello di cedere il posto se ce ne fosse bisogno”

L’uomo pedante indica la targhetta. Meglio un posto vuoto. O occupato dalla sua borsa, chiaramente invalida.

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